Incontrarsi in un libro

Lo ammetto, quando entro in libreria per scegliere un libro, mi lascio attirare dalla copertina.
Poi l’occhio cade sul titolo e, come terza cosa, lo giro e leggo di che cosa parla.
Se già a metà descrizione sento le farfalle nella pancia e percepisco un sorriso che spunta da chissà dove, lo prendo.
Con i libri di Silvia Vecchini succede ogni volta così.
E ogni volta puntualmente succede una sorta di magia, inizia un viaggio nel tempo che dà vita a un incontro. Sì, perché nei suoi libri mi capita di incontrare sempre qualcosa di me. Me bambina, me adolescente, ma anche oggetti conosciuti o luoghi tanto cari.
Sia che si tratti di prosa, o di poesia.
È stato così per “Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno” (Topipittori), stessa cosa per “C’è questo in me” (Topipittori), solo per citarne alcuni, e ora in “Prima che sia notte” (Bompiani).

Carlo non sente
Carlo vede solo da un occhio
Carlo è stato ferito
aperto cucito
in molte parti del corpo.
Non le scrivo qui
sarebbe come giocare
all’allegro chirurgo
e fare sempre biiiiiiip.

In un delicato equilibrio tra prosa e poesia, Silvia Vecchini ci racconta la storia di due fratelli, Carlo ed Emma. Lui è sordo e rischia di perdere completamente la vista. Lei, voce narrante, è la forza della speranza, è l’amore per la famiglia e per quel fratello che è anche un punto di riferimento fondamentale. Qui per me è avvenuto l’incontro: nelle parole e nei gesti di questa ragazzina che non si lascia travolgere dalle beffe della vita, ma decide di sorridere e andare avanti. Un passo dopo l’altro, vivendo la quotidianità con coraggio e ironia. Come in una tela sapientemente tessuta e ricamata, si intrecciano più linguaggi: la parola parlata, la parola scritta, la LIS, il braille, ma anche i gesti e gli sguardi che arrivano, attraverso le pagine, in tutta la loro pienezza e complicità.

Grazie Silvia, per averci donato questo scritto, davvero prezioso.